La burocrazia blocca la ripresa
“Anche per colpa della burocrazia negli ultimi sei anni nella provincia di Treviso hanno chiuso 1.698 aziende. Il 6,1% del tessuto produttivo è stato cancellato e su molte di queste aziende ha pesato la disorganizzazione dello Stato, l’incapacità di supportare un’economia in balia della crisi internazionale, con una struttura burocratica efficiente”.
A dirlo è il presidente della Fondazione Think Tank Nord Est Antonio Ferrarelli, e i dati parlano chiaro. Dallo studio fatto dalla Fondazione veneziana, elaborando i report delle istituzioni internazionali Intrum Justitia e World Bank, emerge che le riforme messe in campo dagli ultimi governi italiani nel settore burocrazia hanno contribuito in modo molto limitato al miglioramento delle tempistiche operative, “Che oggi – prosegue Ferrarelli – rimangono un grave ostacolo per il mondo imprenditoriale”. Dal 2009 al 2016, mentre molte aziende chiudevano i battenti a causa della crisi, il sistema Italia ha visto snellirsi di soli 5 giorni il tempo necessario per avviare burocraticamente nuove attività (si è passati da 362 a 357 giorni). “In media- dice Ferrarelli – nel resto dell’Europa, le riforme varate hanno accorciato i tempi di oltre 2 mesi”. Ad esempio nello stesso periodo in Portogallo si è passati da 420 a 168 giorni, in Inghilterra da 270 a 189, in Croazia da 490 a 210 e in Polonia da 482 a 319. Altra zavorra burocratica emersa dallo studio, sono sono le lungaggini necessarie per pagare le tasse ed incassare i soldi dalla pubblica amministrazione. Un’azienda italiana è costretta a spendere circa 34 giorni lavorativi all’anno per gestire la burocrazia necessaria per le tasse (anche in questo caso si tratta di un dato tra i peggiori in Europa), mente ne deve aspettare circa 130 (in media più di 4 mesi in più rispetto il dato europeo) per incassare le fatture dalle amministrazioni pubbliche. Il nostro record negativo per l’incasso dallo Strato è pesante; in Germania bastano mediamente 15 giorni, nel Regno Unito di 30, in Francia 58 giorni, in Spagna 98 e meglio di noi c’è pure la Lettonia dove bastano 18 giorni.
Sempre considerando il periodo 2009-2016, i tempi di pagamento delle pubbliche amministrazioni in Italia sono addirittura peggiorati, passando da 128 a 131 giorni. “Anche in questo caso – precisa Ferrarelli – mentre gli altri Paesi europei hanno compiuto uno sforzo per sostenere le imprese in un momento di difficoltà, riducendo i tempi di pagamenti del settore pubblico, il nostro Paese non è stato in grado di provare a sostenere così le nostre aziende”. In media, i 21 Paesi dell’Unione Europea di cui sono disponibili i dati, hanno ridotto i tempi di pagamento delle pubbliche amministrazioni da 62 a 47 giorni, con un guadagno netto di 15 giorni. Portogallo, Spagna e Grecia registravano performance peggiori delle nostre nel 2009, ma da allora ad oggi hanno ridotto le attese delle loro aziende di 40-50 giorni, riportando i tempi di pagamento del settore pubblico anche sensibilmente al di sotto di quelli italiani.
Eterni anche i tempi della giustizia per le controversie legali. Se consideriamo i tempi medi per la risoluzione di dispute commerciali, un’azienda italiana riesce a chiudere il procedimento dopo oltre 3 anni (1.120 giorni). Un dato tra i peggiori in Europa, con solamente Slovenia e Grecia messe peggio. Paesi come Francia, Germania, Regno Unito e Spagna hanno tempistiche molto più celeri, comprese tra i 400 e i 500 giorni, che permettono alle loro imprese di risparmiare fino a 2 anni di tempo rispetto alle aziende italiane.
“E tempi lunghi significano scarsa competitività – conclude Ferrarelli -. Il risultato di questa situazione burocratica è palese; minore competitività complessiva del “sistema Italia”, e fuga degli investitori, soprattutto quelli stranieri”, che forse proprio per questo scelgono altri Paesi per le proprie attività, rallentando ancora di più il tentativo di ripresa del paese.