L’INVERNO DEMOGRAFICO DELL’ITALIA: IL CALO DELLA POPOLAZIONE COLPISCE DI PIÙ I PICCOLI COMUNI
Nell’ultimo decennio si registra una flessione generale della popolazione, ma nei Comuni con meno di 3.000 abitanti la diminuzione è molto più significativa. Per la Fondazione Think Tank Nord Est vanno promosse le fusioni tra Municipi
Comunicato stampa 21 novembre 2022
Piccoli e grandi Comuni d’Italia siederanno fianco a fianco all’Assemblea Nazionale Anci in programma in questi giorni a Bergamo. Eppure, dal 2012 ad oggi, secondo l’analisi della Fondazione Think Tank Nord Est, che ha suddiviso i Comuni in classi sulla base del numero di abitanti, i 7.904 Municipi del Paese hanno mostrato tendenze demografiche differenti.
Negli ultimi dieci anni si registra un calo generale della popolazione: in media tutti gli Enti locali mostrano trend negativi, ma con differenze anche significative a seconda delle dimensioni. Infatti, sono soprattutto i Municipi con meno di 3.000 abitanti ad evidenziare una forte diminuzione dei residenti: più in generale, la performance peggiora man mano che diminuisce la dimensione demografica.
Nel dettaglio, i micro Comuni con meno di 500 abitanti hanno perso in media l’11,6% della popolazione. Quelli con un numero di residenti compreso tra 500 e 1.000 hanno segnato un calo del 9%. I Municipi con una popolazione tra 1.000 e 3.000 cittadini evidenziano una flessione del 7%. Gli Enti locali con un totale di abitanti compreso tra 3.000 e 5.000 mostrano una diminuzione del 3,8%, mentre quelli con un numero di residenti compreso tra 5.000 e 10.000 sono in calo del 2,1%. Bisogna quindi arrivare ai Comuni con più di 10 mila abitanti per osservare l’andamento relativamente migliore: infatti si registra una sostanziale invarianza (-0,6%) tra 10.000 e 20.000 residenti, mentre nelle realtà urbane con più di 20.000 cittadini la diminuzione è dell’1%.
L’inverno demografico colpisce quindi soprattutto i Comuni più piccoli: un problema non da poco per il nostro Paese, in quanto gli Enti con meno di 3.000 abitanti sono 4.454, pari al 56,4% del totale. In queste aree, tuttavia, risiede solo il 9,4% del totale dei residenti in Italia.
Il calo della popolazione sta quindi svuotando interi territori, dove di conseguenza è sempre più difficile garantire i servizi ai pochi cittadini rimasti, a causa proprio della mancanza di un bacino demografico minimo. La flessione del numero degli abitanti, secondo le previsioni, è peraltro destinata ad intensificarsi nei prossimi anni, mettendo quindi a rischio la sostenibilità dei servizi legati all’istruzione e al sociale, ma anche alla cultura e allo sport. Più in generale, poi, lo spopolamento causa a sua volta la scomparsa delle attività economiche, generando ulteriore isolamento e declino economico, in una spirale di effetti negativi difficile da invertire.
Secondo la Fondazione Think Tank Nord Est, i piccoli Comuni dovrebbero prendere in considerazione l’aggregazione con gli Enti limitrofi, al fine di costruire dal basso, in maniera quasi sartoriale, una nuova realtà in grado di offrire i servizi alla popolazione all’interno di un bacino territoriale più ampio. Non solo: con gli incentivi statali concessi alle fusioni si possono realizzare investimenti e progetti per migliorare la qualità della vita e la competitività di queste aree, cercando di renderle nuovamente attrattive per le imprese e le persone.
“La fusione è un’opportunità fondamentale per garantire i servizi nelle aree caratterizzate da piccoli Comuni – sostiene Antonio Ferrarelli, presidente della Fondazione Think Tank Nord Est – e proprio per questo i processi di aggregazione dovrebbero essere promossi e incentivati ancor di più dal nuovo Governo. Ai contributi statali dovrebbe però affiancarsi la costruzione di un nuovo assetto istituzionale basato sui servizi ai cittadini e non sugli Enti in quanto tali. La divulgazione delle buone pratiche di fusione dovrebbe avere il giusto spazio anche nell’Assemblea Nazionale Anci. In particolare nelle aree periferiche del Paese – conclude Ferrarelli – è indispensabile promuovere progetti di area vasta, al fine di rendere sostenibili i servizi locali e salvare il futuro dei piccoli Comuni, che continuerebbero così a vivere nella nuova istituzione con una loro precisa identità.”
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